Categorie: SIMM News

Quando, quasi trentaquattro anni fa, uno sparuto gruppo di operatori sanitari diede vita alla SIMM, oltre ad un confronto per definire obiettivi e strategie per far emergere diritti assistenziali in quel periodo negati o nascosti agli immigrati, apparve chiara la necessità di condividere le esperienze “pioneristiche” che si stavano facendo nell’assistenza primaria in termini di approccio relazionale, clinico, epidemiologico e organizzativo.

In Italia una delle realtà maggiormente consolidate in questo campo era quella del Poliambulatorio della Caritas romana che aveva coagulato intorno a sé vari volontari con diverse professionalità e competenze e aveva un’attività assistenziale quantitativamente consistente e una riflessione intensa e approfondita. Nasce così, in modo spontaneo e naturale, un percorso formativo specifico per dare alcune chiavi di lettura a quel ‘nuovo’ fenomeno che era l’immigrazione in Italia, poco conosciuto e territorio di pregiudizi e semplificazioni anche in ambito sanitario. Le ricerche empiriche, di campo, prendono forma in percorsi didattici con serie basi scientifiche e di grande impatto emotivo e politico. In una Italia pre-internet, l’appuntamento annuale del Corso base sulla medicina delle migrazioni è stato occasione di relazioni, contatti, creazioni di reti e collaborazioni strutturate su base nazionale (SIMM) e locale a seguito della nascita dei GrIS.

Man mano che i diritti emergono, gli studi si moltiplicano, le conoscenze del fenomeno si diffondono, i percorsi formativi, anche istituzionali, diventano diffusi e capillari, il Corso basegiunto alla 31esima edizione, rimane un’occasione per chi vuole conoscere, in un percorso didattico breve ed essenziale ma con uno spessore storico e esperienziale, gli elementi base del fenomeno migratorio in ambito sanitario inquadrato nella visione della salute globale, con un aggiornamento puntuale sull’attualità e specificatamente sulle politiche e sulle norme sanitarie. Per chi vuole impegnarsi sul campo, sia in termini di assistenza sia nell’advocacy, il Corso base è una sorta di iniziazione sul piano umano e professionale.

Inconsapevolmente così è stato, con tenacia così lo vogliamo ancora …

Salvatore Geraci

 

Categorie: News Salute delle donne SIMM

Nell’ambito del progetto “Being a migrant woman during disasters”, è stato pubblicato uno studio che indaga la prospettiva di diversi key informants sull’impatto della pandemia COVID-19 nelle donne migranti a Milano. Per questa ricerca, sono stati intervistati 28 professionisti (mediatori culturali, personale sanitario, educatori, ecc.) che hanno lavorato durante la pandemia in 4 organizzazioni del terzo settore (Caritas Ambrosiana, EMERGENCY ONG, DARE ONG, Fondazione Progetto Arca) e in 3 ospedali pubblici (Clinica Mangiagalli, Ospedale Melloni, Ospedale Sacco). Durante la pandemia, le donne migranti sono diventate ancora più “invisibili”. È stato osservato un incremento della violenza di genere, con una diminuzione nella ricerca di aiuto, in contrasto con l'aumento dell'accesso ai centri anti-violenza tra le donne italiane nei primi mesi del lockdown. Le badanti si sono rivelate particolarmente vulnerabili, spesso perdendo il lavoro a causa della morte o del trasferimento in case di cura degli anziani a cui prestavano assistenza, o della scelta degli anziani di evitare contatti per timore di contrarre il virus. In alcuni casi, le loro sono state descritte come “semi-schiavitù”, con divieti di uscire di casa per periodi prolungati, anche quando necessitavano di assistenza sanitaria. La riduzione del reddito ha impedito a molte donne migranti di inviare rimesse alle loro famiglie nei paesi d'origine, provocando un significativo senso di impotenza e frustrazione. 

Per un quadro più completo sullo studio, si rimanda all’articolo originale 

Monica Trentin

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Categorie: SIMM News

È stata di recente pubblicata sulla rivista ‘Journal of Public Health’ una revisione sistematica di letteratura da cui emergono le disuguaglianze nella possibilità di prevenire il Covid-19 tramite un’adeguata informazione, una tempestiva diagnosi e, soprattutto, effettuando la vaccinazione, a svantaggio delle persone immigrate rispetto alla popolazione autoctona nei 53 paesi della Regione europea dell’OMS. https://link.springer.com/article/10.1007/s10389-024-02325-9 

 

La ricerca, condotta attraverso la collaborazione tra un gruppo afferente al Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università Sapienza di Roma (coordinato dal prof. Maurizio Marceca) e un gruppo afferente al Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità (coordinato dalla dr.ssa Silvia Declich e dalla dr.ssa Maria Elena Tosti), segue altre due indagini dello stesso team relative alla stessa popolazione ed area geografica precedentemente pubblicate su altre riviste internazionali.

 

La prima in ordine temporale - i cui risultati erano stati presentati al XVI Congresso nazionale della SIMM a Roma nell’ottobre del 2022 - ha fatto emergere, sostanzialmente, la maggiore esposizione delle persone immigrate al rischio di infezione da SARS-COV-2. https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-021-12466-1 

 

La seconda revisione sistematica ha invece evidenziato la maggiore esposizione delle persone immigrate affette da Covid-19 ad outcome clinici negativi rispetto alla popolazione autoctona. https://link.springer.com/article/10.1007/s12134-023-01007-x 

 

In tutte e tre le revisioni emerge, a possibile spiegazione delle disuguaglianze evidenziate, il ruolo dei determinanti sociali (anche detti ‘strutturali’) della salute.

 

Fa piacere segnalare che quasi il 40% degli autori di queste tre ricerche è iscritto alla S.I.M.M. e che si tratta in prevalenza di giovani ricercatrici.

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