Piano strategico vaccinale: SIMM e TIS scrivono al Ministro Speranza

Categorie: SIMM News

Le Associazioni aderenti al Tavolo Immigrazione Salute (TIS) hanno scritto al Ministro della Salute Roberto Speranza per proporre soluzioni contro gli ostacoli all’accesso ai vaccini da parte di tanti cittadini italiani e stranieri in condizioni di vulnerabilità, fragilità sociale ed irregolarità amministrativa.

Il TIS ha elencato tra questi le persone, italiane e straniere, senza dimora e coloro che sono accolte in strutture collettive emergenziali o iperaffollate, coloro che sono senza documenti o permesso di soggiorno, i cittadini comunitari in condizione di irregolarità amministrativa, i richiedenti asilo in fase di definizione delle pratiche e gli apolidi, nonché i soggetti socialmente fragili che vivono in insediamenti informali o comunque chi non ha il medico di base ed ha difficoltà di accesso al SSN. Tra questi vi sono anche le centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici straniere in fase di regolarizzazione ed in attesa del permesso di soggiorno, per i quali non sempre è stato dato accesso al Servizio Sanitario Nazionale, pur avendone diritto.

Nella lettera le associazioni presentano al Ministero una serie di raccomandazioni per includere nel piano vaccinale le categorie ad oggi a rischio di esclusione:

- inserire in modo chiaro specifiche modalità di inclusione nel Piano Vaccinale Nazionale a favore dei soggetti socialmente fragili (definendone priorità e procedure);

- prevedere una "flessibilità" amministrativa per agevolare la vaccinazione a chi si trova sul territorio nazionale pur non avendo documenti quali tessera sanitaria, documento di identità o codice fiscale;

- valorizzare il ruolo dell’associazionismo per raggiungere una popolazione spesso invisibile alle istituzioni o "confinata" in strutture collettive, e il coinvolgimento delle comunità di immigrati e di mediatori culturali.

La SIMM e le Associazioni chiedono al Ministro un confronto e il coinvolgimento attivo su questi rilevanti temi, evitando la "solitudine" organizzativa delle varie strutture d'accoglienza, che hanno dovuto spesso definire in proprio percorsi e procedure per un'accoglienza e gestione in sicurezza.

 

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