È stata di recente pubblicata sulla rivista ‘Journal of Public Health’ una revisione sistematica di letteratura da cui emergono le disuguaglianze nella possibilità di prevenire il Covid-19 tramite un’adeguata informazione, una tempestiva diagnosi e, soprattutto, effettuando la vaccinazione, a svantaggio delle persone immigrate rispetto alla popolazione autoctona nei 53 paesi della Regione europea dell’OMS. https://link.springer.com/article/10.1007/s10389-024-02325-9
La ricerca, condotta attraverso la collaborazione tra un gruppo afferente al Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università Sapienza di Roma (coordinato dal prof. Maurizio Marceca) e un gruppo afferente al Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità (coordinato dalla dr.ssa Silvia Declich e dalla dr.ssa Maria Elena Tosti), segue altre due indagini dello stesso team relative alla stessa popolazione ed area geografica precedentemente pubblicate su altre riviste internazionali.
La prima in ordine temporale - i cui risultati erano stati presentati al XVI Congresso nazionale della SIMM a Roma nell’ottobre del 2022 - ha fatto emergere, sostanzialmente, la maggiore esposizione delle persone immigrate al rischio di infezione da SARS-COV-2. https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-021-12466-1
La seconda revisione sistematica ha invece evidenziato la maggiore esposizione delle persone immigrate affette da Covid-19 ad outcome clinici negativi rispetto alla popolazione autoctona. https://link.springer.com/article/10.1007/s12134-023-01007-x
In tutte e tre le revisioni emerge, a possibile spiegazione delle disuguaglianze evidenziate, il ruolo dei determinanti sociali (anche detti ‘strutturali’) della salute.
Fa piacere segnalare che quasi il 40% degli autori di queste tre ricerche è iscritto alla S.I.M.M. e che si tratta in prevalenza di giovani ricercatrici.